Da quando esistono i social, la comunicazione non ha confini. Non è un soltanto uno slogan: la comunicazione, privata dei compartimenti stagni su cui si basava un tempo, è diventata un flusso continuo di informazioni che provengono da più fonti e si diffondono verso infinite direzioni.
Ma di quali compartimenti stagni stiamo parlando? Fino all’avvento dei social, la comunicazione B2B (rivolta al settore, ai partner commerciali, agli addetti ai lavori) e quella B2C (rivolta al cliente finale) erano separate in maniera abbastanza netta. Oggi confluiscono entrambe nella comunicazione ominichannel, che raccoglie tutti i contenuti proposti da un’attività e coinvolge in un colpo solo l’intero pubblico (i partner, i competitor, i clienti fidelizzati, gli ipotetici nuovi consumatori…), ovviamente attraverso i social.
Un esempio pratico? Un’intervista pubblicata su un magazine di settore, un tempo era letta solamente dagli addetti ai lavori, oggi invece – se condivisa sui social dalla rivista stessa o dall’intervistato – raggiunge anche il cliente finale. Il sistema della condivisione e ricondivisione dei contenuti permette a qualunque attività di creare una vetrina aperta a un pubblico illimitato.
Ma i contenuti B2B sono interessanti per un target generalista e non professionale? Sì per 4 diversi motivi (soprattutto nel settore ottico/eyewear):
- Il consumatore attuale è molto più informato e propenso ad approfondire argomenti tecnici o specifici, soprattutto se collegati alla propria salute, all’ambiente, a tematiche sociali e ai trend.
- Il linguaggio della comunicazione B2B è cambiato, diventando più fruibile e intrattenitivo.
- Le nuove modalità di comunicazione che si basano sul racconto, sulla storia e sull’heritage di un’azienda, di un brand o di un’insegna, coinvolgono tutti con la stessa intensità emotiva.
- I contenuti pubblicati sulla carta stampata e sulle riviste di settore sono percepiti dagli utenti come più autorevoli, rispetto a qualsiasi altro contenuto presente online.
In sostanza, tutto ciò che arriva dalla carta stampata è considerato più “di livello” sia dal pubblico professionale, sia dai consumatori. Ne è una testimonianza il fatto che la pubblicità di alcuni brand di lusso sia principalmente destinata alle riviste tradizionali: il caso Bottega Veneta (leggi qui) rappresenta addirittura una presa di posizione estrema nell’ambito di questo grande ritorno alla carta stampata. Ma si tratta di una scelta estremamente specialistica. In generale invece, la comunicazione fluida e circolare – attuata attraverso un dialogo continuo tra i post e le storie, sia proprie, sia pubblicate da altri utenti (clienti, riviste ecc…) su tutti i canali possibili – è il miglior modo per creare una brand reputation e raggiungere un pubblico vasto. Sappiamo che la reputazione di un brand o di un’insegna si costruisce su un sistema di valori riconosciuti dal pubblico generalista, ma sappiamo anche che il consumatore è incline a fidarsi di chi è stimato e tenuto in considerazione nell’ambiente professionale in cui opera. Declinando questo meccanismo nel mondo social, un’attività riceve maggiore consacrazione se i professionisti del settore avallano la sua identità e la sua storia attraverso dei contenuti esclusivi e condivisibili.